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AGA
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cinewow!
VO/ita
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96 min

Genere: Dramma

Lingua: VO/italiano

Regia: Milko Lazarov

Critica Presentato fuori concorso alla Berlinale 2018, il secondo film di Milko Lazarov che ha esordito al festival di Venezia con Alienation (2013), è una storia d'amore speciale che riscalda il cuore nonostante gli scenari gelati che riempiono lo schermo di luce, neve e nulla. Il regista bulgaro ci conduce in una terra di nessuno dove non si scorgono confini né tracce di altri essere umani per riflettere sull'amore, la vita, la morte. Ága è uno studio sul silenzio e l'esempio di come raccontare una storia senza parole, semplicemente cercando negli sguardi le risposte alle domande mai formulate. D'altronde come Nanook e Sedna parlano per silenzi, sospiri, metafore e sogni, così il regista osserva e racconta per immagini mute. Le inquadrature fisse e lunghe sui due Jakuti occupati a tagliare legna, scuoiare animali e lavorare pellicce fanno davvero immaginare il regista seduto tra marito e moglie, ad ascoltare la pace del regno dei ghiacci. I primissimi piani di Lazarov sembrano voler scrutare quegli occhi a mandorla, quei volti arrossati dal freddo e segnati dal tempo, alla ricerca dei segreti di un amore così profondo che solo la morte può spezzare. Tra violente tempeste e primavere precoci, Nanook e Sedna, senza mai dirlo, parlano di riscaldamento globale, inquinamento, isolamento dalla civiltà e libertà nella natura di quei pochi come loro che, nonostante le difficoltà di una vita al di fuori del tempo e dello spazio, si ritengono fortunati. Allora Lazarov li segue nelle traiettorie di luce, nelle sfumature di bianco in quella che è, in fondo, una terra desolata. Con la Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler in sottofondo si snoda il racconto di quotidianità, amore e dolore che, come quelle note struggenti, pesa sull'anima.

Il cacciatore di renne Nanook e sua moglie Sedna sono due Jakuti che vivono in una yurta tra distese di ghiaccio dell'estremo Nord. La loro vita quotidiana è difficile ma non si lamentano mai. Piuttosto trascorrono il tempo a raccontarsi antiche leggende, vecchi ricordi e nuovi sogni. Perché anche l'incontro, reale o immaginario che sia, con animali o umani, vivi o morti, ha il suo significato. Sedna però è gravemente malata e, nonostante provi a curarsi con trattamenti naturali a base di erbe da lei preparate, sa di dover morire. Lei vorrebbe tanto parlare di Ága, la loro figlia che da tempo ha lasciato casa per andare a lavorare lontano in una miniera di diamanti, ma Nanook non vuole affrontare il discorso. Può parlare di tutto con sua moglie, ma non della figlia. Ma che ne sarà di lui quando Sedna partirà per il suo viaggio verso l'eternità?

96 min

Genere: Dramma

Lingua: VO/italiano

Regia: Milko Lazarov

Critica Presentato fuori concorso alla Berlinale 2018, il secondo film di Milko Lazarov che ha esordito al festival di Venezia con Alienation (2013), è una storia d'amore speciale che riscalda il cuore nonostante gli scenari gelati che riempiono lo schermo di luce, neve e nulla. Il regista bulgaro ci conduce in una terra di nessuno dove non si scorgono confini né tracce di altri essere umani per riflettere sull'amore, la vita, la morte. Ága è uno studio sul silenzio e l'esempio di come raccontare una storia senza parole, semplicemente cercando negli sguardi le risposte alle domande mai formulate. D'altronde come Nanook e Sedna parlano per silenzi, sospiri, metafore e sogni, così il regista osserva e racconta per immagini mute. Le inquadrature fisse e lunghe sui due Jakuti occupati a tagliare legna, scuoiare animali e lavorare pellicce fanno davvero immaginare il regista seduto tra marito e moglie, ad ascoltare la pace del regno dei ghiacci. I primissimi piani di Lazarov sembrano voler scrutare quegli occhi a mandorla, quei volti arrossati dal freddo e segnati dal tempo, alla ricerca dei segreti di un amore così profondo che solo la morte può spezzare. Tra violente tempeste e primavere precoci, Nanook e Sedna, senza mai dirlo, parlano di riscaldamento globale, inquinamento, isolamento dalla civiltà e libertà nella natura di quei pochi come loro che, nonostante le difficoltà di una vita al di fuori del tempo e dello spazio, si ritengono fortunati. Allora Lazarov li segue nelle traiettorie di luce, nelle sfumature di bianco in quella che è, in fondo, una terra desolata. Con la Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler in sottofondo si snoda il racconto di quotidianità, amore e dolore che, come quelle note struggenti, pesa sull'anima.

Il cacciatore di renne Nanook e sua moglie Sedna sono due Jakuti che vivono in una yurta tra distese di ghiaccio dell'estremo Nord. La loro vita quotidiana è difficile ma non si lamentano mai. Piuttosto trascorrono il tempo a raccontarsi antiche leggende, vecchi ricordi e nuovi sogni. Perché anche l'incontro, reale o immaginario che sia, con animali o umani, vivi o morti, ha il suo significato. Sedna però è gravemente malata e, nonostante provi a curarsi con trattamenti naturali a base di erbe da lei preparate, sa di dover morire. Lei vorrebbe tanto parlare di Ága, la loro figlia che da tempo ha lasciato casa per andare a lavorare lontano in una miniera di diamanti, ma Nanook non vuole affrontare il discorso. Può parlare di tutto con sua moglie, ma non della figlia. Ma che ne sarà di lui quando Sedna partirà per il suo viaggio verso l'eternità?
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